IL FUTURO DELLA SCUOLA
Classi senza voto, Rimini dice sì "Bambini più coinvolti e felici"
La vice sindaca Bellini: "Esiti positivi dove sperimentato, anche a Rimini Il numero accresce le disuguaglianze"
Rimini. ERIKA NANNI
Una scuola più coinvolgente, più accogliente e più interattiva, senza voti. E’ la rivoluzione culturale, già in atto in alcuni Paesi Nord europei, a cui strizza l’occhio il Comune di Rimini, abbracciando una filosofia educativa già adottata anche dal Ceis una trentina di anni fa e che oggi, come spiega la vicesindaca Chiara Bellini, "potrebbe essere la risposta a un cambiamento nel sistema educativo che in futuro sarà inevitabile. Il gruppo classe è sempre più complesso, è formato da bambini con esigenze e fragilità diverse, con certificazioni di dsa in crescita, nazionalità, lingue e culture differenti: la lezione frontale così come l’abbiamo conosciuta deve essere rivista". "Ci sono sezioni di alcune scuole medie riminesi - aggiunge Bellini - in cui una sperimentazione simile a quella delle "classi senza voto" è iniziata e si è riscontrato maggiore impegno e coinvolgimento degli alunni". Il cambiamento auspicato investirebbe quindi la didattica ma anche il sistema di giudizio, il voto, la pagella, aprendo la strada non solo a commenti scritti che esprimono un concetto e dialogano con l’alunno, ma anche all’auto valutazione. Un cambiamento che gli psicologi (o almeno, buona parte di loro) definisce un’evoluzione capace di produrre effetti positivi "nella crescita, nell’affermazione e nell’espressione del sé del bambino, che da adulto - spiega la psicoanalista Spi (Società psicoanalitica italiana) Cinzia Carnevali - avrà maggiori strumenti per affrontare la frustrazione e il dolore del giudizio in numeri delle scuole superiori, del voto sul libretto dell’università e del mondo del lavoro".
La sperimentazione
"E’ un tema a cui personalmente tengo moltissimo, - afferma la vicesindaca Bellini, che ha deleghe anche alle Politiche per l’educazione - per questo mi sono occupata di avviare una riflessione sulla didattica e il benessere a scuola nel "Settembre pedagogico", che nell’edizione appena passata ha avuto un’enfasi particolare, grazie anche al supporto del Comune che ha organizzato un mese di iniziative con incontri sulla scuola all’interno delle classi, ma anche pianificando momenti pomeridiani, alcuni a teatro, aperti alle famiglie". Durante gli incontri del Settembre pedagogico è stato invitato infatti Vincenzo Caico, esaminando anche il tema delle autovalutazioni, "E’ dirigente scolastico in un liceo di Monfalcone (Gorizia) e tiene conferenze in tutta Italia - spiega Bellini - ha elaborato un metodo, applicato con successo, che si basa sull’auto valutazione, superando il concetto di dare voti in maniera algoritmica, puntando a fare in modo che i ragazzi abbiano percezione delle lacune e degli aspetti da potenziare, così che il voto non sia più una spada di Damocle sulla testa". "Il tema delle valutazioni - conclude - è importante, perché incrementa le disuguaglianze, invece la scuola deve garantire pari opportunità a tutti".
"Non elimina la sofferenza"
A sostegno del superamento del sistema di valutazione che parla attraverso i voti, anche la psicoanalista Spi, Elisa Facondini, esperta in infanzia e adolescenza, che sottolinea come adottare "un approccio di dialogo con lo studente non significa impedire la sperimentazione della sofferenza e della fatica, ma non identificarlo nel voto numerico o nel giudizio (ad esempio "avanzato", "base" o "intermedio", come previsto ora per la scuola elementare, ndr). C’è una quota di dolore che si deve imparare a tollerare per crescere, che viene comunque sperimentata anche usando un giudizio più descrittivo: non é edulcorare la realtà. E’ costruire una modalità culturale diversa, creando al contrario consapevolezza di sé, negli aspetti maturi e quelli da sostenere, con una partecipazione attiva del ragazzo e della sua famiglia nel percorso di crescita".
Dello stesso avviso anche la psicoanalista Carnevali, che sottolinea l’importanza di "superare l’idea dei voti" affermando che la politica dovrebbe investire di più sulla scuola senza voti, perché così si avvierebbe "un processo continuo di conoscenza che stimola amore e curiosità: l’ora di lezione diventerebbe viva e costruttiva". E anche il sistema didattico dovrebbe volgere verso una dimensione operativa, "più orientata al gioco di squadra, ad esempio producendo un giornale scolastico, facendo laboratori. Questo stimola e fa crescere verso l’autonomia, la libertà, la capacità esprimersi e dare voce alla propria soggettività". Un modo, quindi, per superare "l’ansia della prestazione, di deludere i genitori e la competizione con i compagni, che porta al narcisismo distruttivo e nei casi peggiori allo sviluppo di una ferita, alla trasformazione di un voto in un marchio".