Il dolore: un possibile ponte tra clinica psicoanalitica e neuroscienze
Rimini, 14 settembre 2024
Il Centro Adriatico di psicoanalisi ha organizzato un convegno per presentare e riflettere insieme sui contributi del gruppo di studio Neuroscienze del Centro.
Il gruppo, coordinato dalla dr.ssa Rosa Spagnolo, si incontra con frequenza mensile da circa tre anni.
Nell’ultimo anno l’attenzione del gruppo, di cui anche io sono parte, si è concentrata sul tema del dolore, tema che si è dimostrato particolarmente interessante e capace di stimolare “possibili ponti” tra neuroscienze e clinica psicoanalitica.
La mattinata si è declinata in due tranches coordinate rispettivamente dalla Dottoressa Gabriella Vandi e dal Dottor Giorgio Bambini; i due chair hanno introdotto i lavori presentati, proponendone in modo originale gli elementi centrali, stimolando l’ascolto e l’attenzione.
L’intervento di Rosa Spagnolo apre la giornata, descrivendo, anche con un utile supporto di slides, i circuiti e le aree coinvolte nella “risposta dolore”.
Vengono evidenziate le differenti aree cerebrali coinvolte, i circuiti ascendenti e discendenti, e la potenza della risposta dolore; negli esperimenti sugli animali in laboratorio il dolore è lo stimolo più utilizzato per elicitare reazioni o creare abitudini “Il fatto che si possano ottenere [...] dei cambiamenti cronici nella personalità degli animali [...] suggerisce che i sistemi emotivi subiscono cambiamenti cronici nell’attività come risultato di certi tipi di esperienza” (Panksepp 2003).
Il dolore viene definito come una esperienza soggettiva spiacevole, con una componente sensoriale ed una emotiva.
Particolare rilevanza viene data alla sovrapposizione tra i sistemi dolore – paura – ansia pur nella differenza tra circuito dolore acuto/paura e quello dolore cronico/ansia.
Infine si sottolinea l’esistenza di percorsi neurali comuni che elaborano sia l'attaccamento sociale sia le qualità affettive del dolore fisico.Considerando infatti la lunga dipendenza dei piccoli di mammifero da chi li accudisce, non è difficile comprenderne il forte valore di sopravvivenza.
Infine una ricerca di Eisenberger (2012) mostra che le esperienze di esclusione sociale o di perdita di una relazione possono essere altrettanto emotivamente angoscianti delle esperienze di dolore
fisico evidenziando un insieme comune di regioni neurali che sono alla base del dolore sociale e fisico.
Vengono poi illustrati da Francesca Mancia e da Michela Tonti due casi clinici, discussi rispettivamente da Simona Lucantoni e da Elena Lipari.
I casi descrivono accuratamente la complessità del lavoro con pazienti che soffrono di dolore cronico. Il dolore, nella qualità particolare della dinamica transferale/controtransferale, chiede una condivisione partecipata tra paziente e analista. L’analistasperimenta l’essere pervaso dal dolore, e co-costruisce una funzione materna/analitica mancante. La funzione delle neuroscienze sembra essere il “contenitore del contenitore”: le conoscenze neuroscientifiche coadiuvano il sapere psicoanaliticonel rendere più tollerabili l’impotenza dell’analista e il suo sentirsi intrappolato.
I lavori mettono in evidenza le relazioni tra dolore, paura e ansia anticipatoria; viene anche descritta la difficoltosa, necessaria indagine su esperienze estremamente precoci alla base della carenza di modulazione degli stati di attivazione sensoriale ed emotiva, e difetti nella strutturazione-integrazione del Sé.
Paola Vizziello conclude la ricca mattinata in modo profondo e originale, a partire da una creativa sintesi dei lavori appena condivisi. Molto coinvolgenti le sue riflessioni sul materiale clinico: a partire dai termini evocativi utilizzati nelle sedute, cerca di rintracciare “un paradigma delle parole utili per noi, e una buona prassi nel lavoro quotidiano”, per riconoscerci come analisti quando i nostri strumenti ci paiono meno solidi ed efficaci.
Oscillando dalle neuroscienze alla clinica psicoanalitica, evidenzia l’importanza di tollerare i paradossi e la necessità di un ascolto differente di fronte ad un silenzio verbale ma ad un corpo che parla. Tollerare l’incalzante invasione sensoriale e percettiva, nel silenzio e nel ritiro delle pazienti, alla ricerca di una sincronizzazione senza possibilità di empatia.
Con questi pazienti, a volte, ci troviamo a scendere negli stati profondi non integrati del self, cercando di sintonizzarci al punto da essere dentro al paziente, ma non confusi con esso; nel bozzolo condiviso di una protorelazione, il processo potrà iniziarelentamente a dipanarsi, verso una struttura più integrata.
La mattinata si è conclusa con la lettura, proposta e magistralmente interpretata da Paola Vizziello, di un breve racconto, “Pezzettino” di Leo Lianni, che descrive poeticamente il percorso della costruzione e integrazione del Sé.
Si è apprezzato il clima aperto e disteso, e la percezione forte del lavoro di gruppo nella scrittura di ogni singolo lavoro. Grazie alla “generosa sintesi” di tutti i relatori, l’ampio spazio lasciato alla discussione ha consentito numerosi e fecondi scambi.
Elena Lipari
Settembre 2024