Il giorno 28 giugno 2024 presso la Libreria Feltrinelli di Rimini le dottoresse Michela Tonti e Maria Battistini hanno presentato davanti ad un pubblico attento e partecipante il romanzo La Malnata di Beatrice Salvioni. Quella che segue è la recensione del libro, scaturita anche dalla serata di presentazione.

presentazione 28 06 2024

Forse significava questo, essere grande e donna: non era il sangue che veniva una volta al mese, non eranoi commenti degli uomini o i bei vestiti. Era incontrare gli occhi di un uomo che ti diceva: «Sei mia» e rispondergli:« Io non sono di nessuno»

(La Malnata)

L’impegnato e toccante libro di Beatrice Salvioni, La Malnata, si apre con la descrizione di un’aggressione sessuale. Riva del Lambro, Monza, 1935, a dieci anni dall’ascesa di Mussolini, l’Italia si appresta a invadere l’Etiopia. Il lettore è introdotto brutalmente nella vicenda traumatica di Francesca, che avrà il suo epilogo alla fine del romanzo. Nel mezzo, il dispiegarsi dell’adolescenza di due giovani, impegnate nel processo di affermazione identitaria, che stringono un patto solidale di amicizia e sopratutto di cura, insegnandoci di cosa è fatta la cura, quando gli adulti appaiono sfocati sulla scena.

Non è vero - le dissi, - non è vero che porti sfortuna, né quella storia sul demonio. E non è vero che mi succedono cose brutte se sto con te.

Continuò a guardarmi senza parlare, seria. 

Io con te mi sento al sicuro. 

Francesca appartiene a una famiglia borghese i cui genitori sembrano vederla appena: il padre, impegnato negli affari del suo cappellificio - tanto da non sentire più l’odore acre del suo tabacco in casa - appare come una figura emotivamente vicina alla figlia ma passiva, che lascia il passo alla madre per tutte le questioni famigliari; una madre infelice e insoddisfatta, i cui sogni di diventare attrice del cinematografo sono andati perduti con le gravidanze, impegnata a mantenere la buona reputazione della figlia e della famiglia.

Mi prendi le ciliegie? - tirai la mano di mia madre e indicai il banchetto del signor Tresoldi.

Sai benissimo cosa ha detto tuo padre.

Tuo padre. Se qualcuno faceva qualcosa che non le andava o le dispiaceva, diventava sempre roba degli altri. “Tuo padre dice che quest’anno non ci andiamo, in villeggiatura” o “ Tuo padre vuole che ne teniamo una sola di cameriera”.  Anch’io diventavo “tua figlia” se dovevano mettermi in punizione, come un regalo sgradito da nascondere in fondo a un armadio, per poi dimenticarsene. 

Maddalena, la Malnata, è colei che porta disgrazia e personifica quel mostruoso femminile con cui per secoli le donne hanno dovuto familiarizzare; è il capro espiatorio, il luogo dove il male si incarna, dove la psiche proietta ciò che è estraneo, perturbante, spaventoso. 

Era una strega, una di quelle che ti appiccicano addosso il respiro della morte. Aveva il demonio dentro e con lei non ci dovevo parlare. 

Più calda e accogliente la famiglia di Maddalena, ma anche segnata da un grave lutto, quello di un fratellino, esperienza traumatica che accomuna le ragazze dall’inizio del romanzo e che fruga nel senso di colpa per essere sopravvissute, nel senso di inadeguatezza amplificato da quell’ambiente familiare incapace di dare giusta voce al dolore. 

Se il concetto di mostruosità è legato a quello di ribellione femminile, l’arrivo del ciclo mestruale per Francesca, che ha l’effetto di una stregoneria, le farà pensare di essere in procinto di morire. La crescita come trasformazione vitale lascia sempre dietro di sé qualcosa, come la pelle delle lucertole che il gruppo caccia sulla riva del fiume nelle assolate giornate estive.

Tornata a casa mi chiudevo in bagno e davanti allo specchio nuda, mi vergognavo dell’acne che mi deturpava le guance la fronte e il mento, del gonfiore di quella carne dilatata che spuntava sotto i capezzoli. Mi sentivoaddosso il rimorso di crescere. 

In una società e in un tempo in cui “la donna l’è come un caminetto caldo d’inverno, si accende e tutti i merli le girano attorno per un po' di calore” “l’unica cosa che devono imparare le femmine è a darsi senza pretendere, proprio come le donne del duce”, il silenzio è usato come riparo per continuare a vivere, nonostante le sofferenze patite.

Avrei voluto urlare, scalciare ma la paura e lo schifo avevano spinto la mia coscienza in un luogo che non potevo raggiungere. 

Il romanzo si conclude con “La forma della voce”, quella di Francesca e Maddalena, che davanti a un tribunale pronto a giudicare una giovane rea di stregoneria, si ribellano dando finalmente voce al corpo dilaniato.

Nel loro mondo, c’erano solo due certezze. La prima: le cose che non si riuscivano a spiegare erano state mandate dal demonio o dal Signore, a seconda che colpissero chi loro ritenevano una persona dabbene o una canaglia. L’altra: non era mai colpa dei maschi

Denunciare, dare voce, protegge e soprattutto argina l’aggressività dell’altro perché richiama il terzo, l'istituzione, la Legge (purché la legge sia presente).

Alla fine degli anni ‘40 lo stupro non è ancora considerato un crimine contro la persona - lo diventerà solo nel 1996 - ma reato contro la moralità pubblica e il buoncostume. Non è considerato neppure un crimine di guerra; sarà l’attenzione che la guerra in Iraq solleva per le violenze inflitte ai civili che apre la strada, negli anni tra il 1989 e il 1991, al diritto internazionale nella tutela dei civili nei conflitti, riconoscendo i diritti fondamentali di tutti gli esseri umani. In particolare è lo stupro di massa ad essere condannato come crimine contro l’umanità, al pari della schiavitù sessuale. Prima di tutto questo, quando si parla di stupro si parla di offesa al pudore e all’onore della donna, ma nella mentalità degli italiani e non solo della magistratura, le violenze sessuali sono una componente fatale e quasi necessaria di ogni guerraI reati sessuali sulle partigiane nei processi successivi alla guerra sono un campionario dell’orrore e sono stati celebrati a porte chiuse per non offendere la sensibilità dei giudici (non tanto il pudore delle vittime). I processi a porte aperte per reati di stupro sono una conquista degli anni ‘70 e garantiscono la possibilità di portare sostegno alla vittima, che troppo spesso veniva trasformata in imputata.

«Ma chi gliel’ha fatto fare di entrare nella Resistenza? Invece di andare a fare la partigiana poteva rimanere a fare il mercato nero, adesso non morirebbe di fame». È il 1951 quando la partigiana Zelinda Resca sente bisbigliare queste parole da alcune donne, sorprese a chiacchierare davanti alla vetrina del suo negozio di merceria. Staffetta portaordini della IV Brigata Garibaldi “Venturoli”, tra le colline della bassa modenese, ha trasportato munizioni e rivoltelle, rischiando di essere fucilata dai tedeschi. Zelinda viene arrestata dai carabinieri a seguito del ritrovamento di una fossa comune, dove nel ’45 sono stati gettati i corpi di alcuni fascisti. Un delitto mai commesso, che però non le risparmia anni di carcerazione preventiva (da innocente) in attesa di giudizio, e la reclusione in manicomio, usato all’epoca come sanatorio.”

Con gli strumenti della psicoanalisi, cerchiamo di affrontare il tema della violenza di genere, con un approccio multidisciplinare, considerando più fattori - storico, sociale, antropologico - . La neutralità richiamata nella cura analitica non significa indifferenza nei confronti di ciò che accade nella realtà esterna: se compito dell’analista è quello di esercitare un ascolto in cui risuoni il mondo interno di chi sceglie la cura, la psicoanalisi non può restare indifferente alle questioni sociali. Lo stupro rappresenta il grado supremo della violenza; quando si parla di violenze sessuali, di sessuale, in esse, non c’è quasi niente. Non è sesso, è aggressività, nella maggior parte dei casi aggressività distruttiva (Bolognini, 2013). Nelle relazioni violente, l’uso narcisistico perverso dell’altro, che consiste nell’incapacità di riconoscergli sentimenti, desideri e volontà e di accettarne le diversità, nel considerarlo come qualcosa su cui esercitare un potere per ottenere il soddisfacimento dei propri bisogni, rende impossibile la separazione e la differenziazione (“tu sei mia”) e da il via alla violenza distruttiva. Allo stesso modo quando si parla di perversione non si intende la perversione erotica; la fantasia sadomasochistica, che è onnipresente in varie percentuali nel legami d’amore, è molto differente da una relazione violenta. Un legame d’amore, sessuale è sano quando i due partner non hanno paura l’uno dell’altro (Benjamin, 2015). Nella relazione violenta la perversione è morale, i comportamenti agiti non appartengono all’area della sessualità e mirano a svuotare, mortificare, manipolare l’altro. Siamo molto lontani dalla possibilità di costruire legami emotivi profondi, di vivere la relazione secondo il codice genitale, basato sull'integrazione di pulsioni e affetti, sul raggiungimento attraverso lo scambio e la condivisione di un piacere desiderato e non imposto. Dal punto di vista psicoanalitico, è possibile ritrovare la radice profonda di molte violenze maschili nella vendetta per la dipendenza infantile dalla madre, per l’esclusione edipica, per le ferite narcisistiche (Bolognini, 2013). Lo scopo fondamentale, e inconscio, è la smentita della dipendenza e il dominio ed il controllo sull’altro, per il bisogno di evitare il dolore psichico che la separatezza e l’esistenza autonoma comporterebbero; in certe forme di violenza l’espressione della supremazia fisica serve a rassicurare circa la propria superiorità rispetto all’oggetto dal quale si è invece così dipendenti. 

Come analisti abbiamo il compito di esercitare un ascolto rispettoso che non banalizzi il maltrattamento sottolineando con lo stigma morale le responsabilità. È inevitabile porsi degli interrogativi su ciò che porta la vittima a subire, ma i toni di questa domanda se muovono dal versante del sospetto, sia pure del sospetto di una motivazione inconscia, risuonano come un’accusa. Se muovono dal versante del rispetto, possono aprire il dialogo terapeutico e trasformare il perché in tanti come (Filippini, 2005).

Bibliografia

Benjamin J., Legami d’amore, 2015, Raffaello Cortina Editore
Bolognini S., 2013, Uno sguardo psicoanalitico alla violenza contro le donne, Spiweb
Filippini S., 2005, Le relazioni perverse, Franco Angeli
Ponzani M., Guerra alle donne, 2021, Einaudi
Ponzani M., Processo alla Resistenza, 2023, Einaudi
Sady Doyle J.E., 2021, Il mostruoso femminile, Tlon edizioni
Salvioni B., La Malnata, 2023, Einaudi

 

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